La Dieta Mediterranea: Elisir di lunga vita.

“Se volete far migliorare un popolo dategli un’alimentazione migliore, perché l’uomo e ciò che mangia“. Lo affermava già nella seconda metà dell’800 Ludwig Andrea Feuerbach.

Affermazione di un’attualità sconcertante, sempre più confermata dalle innumerevoli ricerche scientifiche che univocamente ormai affermano che la durata e la qualità della vita, dipendono per il 70% dall’approccio intelligente al cibo, dall’ambiente in cui si vive, da un sano e corretto Stile di Vita e per il 30% dalla componente genetica.

Nel prendere atto di quanto la scienza medica ci indica non possiamo non renderci conto che siamo di fronte al più grande cambiamento demografico mai accaduto prima d’ora nella storia dell’Umanità. L’invecchiamento globale della popolazione mondiale procede a passi giganteschi e comporterà sempre di più richieste sociali ed economiche alle quali bisognerà necessariamente far fronte. L’aspettativa di vita, segno di civiltà e indicatore di sviluppo, dal 1960 è aumentata di 8 anni e crescerà di altri 5 anni per i prossimi 30 anni. Certo è che l’invecchiamento è un grande trionfo per l’Umanità, ma rappresenta una grande sfida per la società. Una società chiamata a modificare il punto di vista, a rivisitare e reinventare il profilo ed il ruolo dell’anziano e modificare l’atteggiamento ancora troppo incline all’ageismo e alla rottamazione. I dossier dell’ONU e il rapporto “An Aging World 2015” segnalano che entro il 2020 per la prima volta nella storia la percentuale degli ultrasessantacinquenni supererà quella dei bambini inferiori ai cinque anni. Il nostro Paese in questo contesto ha davanti a sé una sfida ancora più grande perché siamo i più longevi in Europa e i secondi a livello mondiale dopo il Giappone con una vita media pari a 83 anni.

La conferma ci viene non solo da un dato statistico, ma dal primato mondiale raggiunto come Paese dove è vissuta fino a 117 anni Emma Morano, la donna più vecchia del mondo. Sono primati e vanti che hanno radici molto lontane a cominciare dalla maniera tradizionale di alimentarsi. Non a caso l’Italia (Cilento) è il Paese dove Ancel Keys ha fatto ricerca e ha dato i natali alla Dieta Mediterranea, che continua a rappresentare ancora oggi il punto di riferimento di tutte le linee guida per una sana alimentazione proposte dai Paesi di ogni continente e da tutte le società scientifiche internazionali. Riconosciuta dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’Umanità la Dieta Mediterranea ha ricevuto dalla OMS e FAO il riconoscimento ufficiale di “modello alimentare e Stile di Vita più efficace al mondo“. Non va sottaciuto in tale contesto la forte correlazione tra i principi e i valori della Dieta Mediterranea con quelli sanciti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, dove il miglioramento dell’alimentazione e la sicurezza alimentare sono requisiti fondanti per garantire una vita sana, salute e benessere di tutti a tutte le età.  

In tale direzione si apre uno scenario di grandi opportunità per le “Culture del Mediterraneo” perché sono le più sane dal punto di vista delle scelte alimentari. La grande attenzione al cibo, alle sue origini, alla sua identità, ai suoi valori nutrizionali, alla convivialità, rappresentano le caratteristiche fondanti della “Mediterraneità“. Un modello utile a ripristinare uno Stile di Vita sano e sostenibile non solo per le popolazioni, ma anche per l’ambiente in cui si vive.
Cresce sempre di più la necessità di un approccio culturale che esalti una nuova ecologia dell’alimentazione. Si tratta di acquisire nuova consapevolezza che, partendo dal cibo, sensibilizzi le coscienze nel prendere atto dei limiti che l’ecosistema ci impone.

La diffusione del modello di consumo globale crea l’effimera illusione di benessere e nella sua ubriacatura non si ha contezza dell’impatto che un tale Stile di Vita ha sull’ambiente, ma ancor di più sulle scelte di gestione dell’ambiente che le future generazioni dovranno compiere con le sempre più scarse risorse naturali. Nel 2050 avremo bisogno di tre pianeti (ad averli!) capaci di “sopportarci” se non si cambia decisamente direzione.
La salute delle persone e il rispetto dell’ambiente sono le due facce dello stesso problema che va risolto nello scegliere la società “della qualità della vita”, piuttosto che la società “del benessere incontrollato“. Sono questi i driver su cui far scorrere la promozione della salute, delle comunità giovani e anziane. Si tratta di costruire percorsi di divulgazione, informazione e formazione affinché quanto sancito dalle evidenze scientifiche, dai trattati internazionali, dallo stesso importante riconoscimento della Dieta Mediterranea diventi patrimonio concretamente fruibile dalla società che invecchia e da quella che dovrà invecchiare.

La diffusione della conoscenza dei principi di una sana alimentazione nel contesto di un corretto Stile di Vita, rappresenta un presupposto necessario per contrastare l’insorgenza delle malattie non trasmissibili e in particolare la marea montante dell’obesità e del sovrappeso che affliggono le vecchie e le giovani generazioni. L’obesità si piazza al terzo posto dopo l’alcolismo e le guerre per il suo costo riflesso sulla società, secondo una classifica mondiale stilata dall’Agenzia Mc Kinsey, e conta ormai circa 1,9 miliardi di persone nel mondo in sovrappeso di cui 600 milioni obesi, secondo le stime OMS. Di questi 6 milioni in Italia con un impatto sul Servizio Sanitario pari a 4,5 miliardi (dati diffusi in occasione della Obesity day 20 maggio 2017).

È necessario e quanto mai urgente che il processo di divulgazione assuma una dimensione stabile e una sede istituzionale, con contenuti di facile apprendimento, trasferimento e applicazione da parte dell’utenza. Un’utenza variegata che nei suoi comportamenti rappresenta un fenomeno sociale ormai consolidato. Sono più di 39 milioni gli italiani che frequentano bar e ristoranti (dati Fipe) e la parte che rimane in casa è bombardata da TV show improbabili sulla cucina agonistica e da una pubblicità spesso ingannevole, che ormai si avvale delle ricerche delle neuroscienze per consolidare il cosiddetto neuro marketing, capace di incidere sullo stato emozionale del cittadino consumatore.

Lo spunto interessante in tale direzione deriva dalla Regione Campania e dal Cilento, territorio individuato dall’Unesco come comunità emblematica per l’Italia. A seguito del riconoscimento Unesco la Campania ha promulgato la Legge Regionale sulla Dieta Mediterranea con l’obiettivo di valorizzarla puntando, in particolare, a dare forma ad un sistema di codificazione, che protegga e valorizzi l’emblema Dieta Mediterranea ed i valor in essa condensati. E’ necessario rendere tangibili i legami della dieta con lo Stile di Vita, l’educazione alimentare, la consapevolezza della propria identità’, l’appartenenza e il rispetto della natura.

E’ necessario, altresì, rendere più visibili i nessi interculturali, il benessere, la felicità, la convivialità, lo sviluppo economico sostenibile, in un ambiente pulito e integro, per l’oggi e per le future generazioni.
L’avvio di un profondo cambio culturale è stato ormai tracciato nel nostro Paese dalla legge n. 163 del 4/8/16, che riforma il bilancio dello Stato, introducendo il BES (bilancio equo sostenibile) come indicatore di sviluppo, capace di mitigare la “dittatura” del PIL. Salute, ambiente, relazioni sociali, patrimonio culturale, sono solo alcuni dei 12 indicatori che determineranno le scelte politiche utili alla vita quotidiana delle persone. Nel famoso discorso di Bob Kennedy (marzo 1968) si parlava già di superamento del PIL… meglio tardi che mai.

Tenendo conto di tutto ciò è stata sviluppata in UNI la Prassi di riferimento UNI/PdR 25:2016 Dieta Mediterranea patrimonio immateriale UNESCO – Linee guida per la promozione di uno stile di vita e di una cultura favorevole allo sviluppo sostenibile, pensata quale strumento per intraprendere un processo vero di valorizzazione e di definizione dei principi fondanti della Dieta Mediterranea e delle modalità per la sua diffusione. Il documento, liberamente scaricabile dal sito UNI, individua gli elementi chiave per la promozione di una cultura favorevole allo sviluppo sostenibile attraverso lo stile di vita, il patrimonio di conoscenze e le tradizioni del territorio associate alle pratiche e alle rappresentazioni della Dieta Mediterranea. Proprio per promuovere queste buone pratiche e per diffonderle anche fuori dal territorio nazionale, la Prassi di Riferimento è stata tradotta e pubblicata in lingua inglese e verrà presentata ufficialmente all’Unesco quale esempio di applicazione dell’attività di normazione ad un contesto quale quello dei patrimoni immateriali dell’umanità.

Lo strumento delle Prassi di Riferimento applicato al tema della Dieta Mediterranea, unico al mondo, costituisce una formidabile opportunità attraverso la quale l’immaterialità dichiarata dall’Unesco diventi materialità e avvii un nuovo processo di sviluppo sostenibile e duraturo migliorando la salute e la qualità della vita delle generazioni presenti e future. Uno strumento di cosi rilevante importanza, ha la necessità di essere divulgato in maniera pervasiva sull’intera comunità partendo dal Pianeta Scuola per continuare nelle famiglie, nella società e nel suo sistema economico ed imprenditoriale. La sua efficacia si realizza attraverso una visione olistica della salute, mirando al benessere dell’individuo e alla sua qualità della vita. In tale direzione non va sottaciuta l’esigenza di mirare ai vari segmenti della società, per esempio quella dei pasti fuori casa. Si tratta in definitiva di costruire una infrastruttura sociale che offra ” servizi” e che sia capace di dare risposte concrete alla forte esigenza di una rinnovata cultura di approccio al cibo, come precondizione affinché le Popolazioni siano messe nelle condizioni di praticare l’auspicato stile di vita sano, come suggerito dalla FAO e dall’ OMS otre che da numerose evidenze scientifiche.
In tale direzione sarà avviata la prima iniziativa con circa 50 Istituti superiori della Provincia di Napoli e rappresenterà il prototipo di riferimento per l’intero territorio nazionale. La condivisione con il Ministero della Salute e il CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, sono ulteriori conferme di quanto sia utile un percorso che nel suo pragmatismo realizzi esperienze che, se condivise a livello istituzionale, possono essere replicabili in altre aree del Paese e nei diversi segmenti della Società delineati nella Prassi UNI/PdR e, perché no, anche fuori dai confini nazionali.
Il ruolo propulsivo che sarà sviluppato da UNI, CNR e CREA con la condivisione del Ministero della Salute, determineranno le condizioni per invertire la rotta verso una adesione più decisiva al modello alimentare mediterraneo, precondizione per uno sviluppo sostenibile e duraturo all’insegna della buona salute.

In fondo, come ci ricorda Schopenhauer, la salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente.

Articolo di: Vito Amendolara
Presidente Osservatorio Dieta Mediterranea
Project Leader Tavolo UNI/PdR Dieta Mediterranea